Via crucis sanitaria per la donna: va risarcito anche il marito
Il rapporto di coniugio rientra nell’alveo di quei legami di parentela che, essendo caratterizzati da una intima prossimità parentale, non necessitano della piena prova dell’esistenza dell’affectio ai fini della liquidazione del danno

Sacrosanto il risarcimento per il marito della donna che nell’arco di otto anni si è sottoposta a vari ricoveri presso diverse strutture sanitarie senza che la patologia tubercolare, da cui era affetta, fosse correttamente diagnosticata né correttamente curata. La donna ha lamentato non solo il danno biologico ma anche il danno patrimoniale da perdita di capacità lavorativa specifica, il danno patrimoniale patito a causa del licenziamento e, infine, il danno patrimoniale per le spese mediche sostenute. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il marito, il quale ha chiesto di vedersi risarcito il danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale e il danno patrimoniale derivante dal mancato guadagno conseguente allo status di degenza della moglie. Sulla richiesta avanzata dall’uomo i giudici si mostrano favorevoli. Innanzitutto perché il rapporto di coniugio rientra nell’alveo di quei legami di parentela che, essendo caratterizzati da una intima prossimità parentale, non necessitano della piena prova dell’esistenza dell’affectio ai fini della liquidazione del danno. Peraltro, il requisito della effettività e consistenza della relazione deve ritenersi soddisfatto dalla circostanza che i due coniugi erano sposati e conviventi, precisano i giudici, i quali aggiungono che, nel caso specifico, il rapporto di coniugio è apparso caratterizzato da un’intensa affectio, resa manifesta dalla continua assistenza prestata dall’uomo nel corso della lunghissima e tormentata vicenda che ha interessato la moglie, ad esempio, durante i numerosi ricoveri ospedalieri e gli interventi chirurgici, nonché, quotidianamente, nel periodo di convalescenza. (Ordinanza 9905 del 13 aprile 2023 della Corte di Cassazione)