Validità della delibera: non basta la maggioranza delle teste senza la maggioranza millesimale

Coloro che hanno votato contro l'approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che hanno votato a favore, anche perché il Codice Civile privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali

Validità della delibera: non basta la maggioranza delle teste senza la maggioranza millesimale

Annullabile la delibera assunta con la maggioranza delle teste non accompagnata però dalla maggioranza millesimale. Ciò alla luce del principio della cosiddetta ‘doppia maggioranza’, principio che è specifico dell'istituto condominiale e vale a distinguerlo dalla disciplina della comunione e delle società in quanto solo nel condominio è previsto che la maggioranza venga raggiunta sia dal punto di vista delle persone che dal punto di vista del valore. Inoltre, il principio secondo cui la deliberazione dell'assemblea condominiale, in seconda convocazione, è valida se adottata con un numero di voti che rappresenti, oltre che la maggioranza dei partecipanti, almeno un terzo del valore dell'edificio, deve essere inteso nel senso che coloro che hanno votato contro non devono rappresentare un valore di proprietà maggiore rispetto a quelli che hanno votato a favore. Proprio applicando tali principi, i giudici hanno dato ragione a un condòmino che ha impugnato due deliberazioni ritenendo che esse fossero viziate poiché approvate con la maggioranza numerica dei condomini intervenuti in assemblea senza però superare i millesimi di proprietà dei dissenzienti. I giudici fanno chiarezza ribadendo un ulteriore principio, secondo cui coloro che hanno votato contro l'approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che hanno votato a favore, anche perché il Codice Civile privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali. (Sentenza del 16 febbraio 2023 della Corte d’appello di Messina)  

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