Solido il ‘trust’ anche a fronte del fallimento

La sopravvenuta dichiarazione di fallimento del soggetto che ha istituito il ‘trust’ non determina automaticamente l’inopponibilità alla massa dell’effetto segregativo determinato dal ‘trust’ in precedenza validamente istituito dal fallito

Solido il ‘trust’ anche a fronte del fallimento

Possibile riconoscere validità al ‘trust’ anche a fronte del fallimento. Questo il paletto fissato dai giudici, i quali chiariscono che, in tema di ‘trust’, la sopravvenuta dichiarazione di fallimento del soggetto che ha istituito il ‘trust’ - con conseguente apertura dell’ombrello legislativo di protezione del ceto creditorio - non determina automaticamente l’inopponibilità alla massa dell’effetto segregativo determinato dal ‘trust’ in precedenza validamente istituito dal fallito e, dunque, non determina neppure il diritto del curatore fallimentare di apprendere i beni per procedere alla liquidazione fallimentare. Ciò perché non si rinviene nel nostro ordinamento, chiariscono i giudici, nessuna regola, specifica o ricavabile dal sistema, che consenta al ceto creditorio del (sopravvenuto) fallimento di evitare gli effetti validamente generati dal ‘trust’ istituito in epoca anteriore. Impossibile, in sostanza, ipotizzare la nullità del ‘trust’ - in quanto liquidatorio - per incompatibilità con le regole di protezione dei creditori, applicabili in conseguenza del sopravvenuto fallimento del soggetto che ha istituito il ‘trust’. (Sentenza del 21 aprile 2023 del Tribunale di Modena)  

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