Società di capitali fallita: possibile per i creditori agire contro gli amministratori
I creditori sociali perdono la legittimazione a ciascuno di loro attribuita dal Codice Civile non già per effetto della dichiarazione del fallimento della società per azioni loro debitrice, ma soltanto a partire dal momento in cui il curatore di tale fallimento decida di usufruire della legittimazione sostitutiva

Possibile per i creditori di una società di capitali promuovere o proseguire un'azione di responsabilità nei confronti dei suoi amministratori, nonostante l'intervenuto fallimento della stessa società. I giudici precisano che, in tema di esperimentabilità di un'azione di responsabilità da parte dei creditori nei confronti degli amministratori di una società di capitali anche se fallita, deve ritenersi che i creditori sociali perdano la legittimazione a ciascuno di loro attribuita dal Codice Civile non già per effetto della dichiarazione del fallimento della società per azioni loro debitrice, ma soltanto a partire dal momento in cui il curatore di tale fallimento decida di usufruire della legittimazione sostitutiva, e possano pertanto, fino a tale momento, esercitare l’azione a loro accordata dal Codice Civile anche in pendenza della procedura fallimentare aperta nei confronti di detta società. Inoltre, la legittimazione del curatore del fallimento sociale all’esercizio di azioni nei confronti degli amministratori di società di capitali è pur sempre una legittimazione lato sensu sostitutiva di quella spettante, rispettivamente, alla società ed ai creditori sociali (o, per meglio dire, alla somma di quelle spettanti a ciascuno dei creditori sociali), così come quella all’esercizio delle azioni revocatorie ordinarie degli atti con cui il debitore abbia disposto del proprio patrimonio in danno dei propri creditori normalmente spettante a questi ultimi, che, nel caso in cui il primo sia dichiarato fallito, è attribuita al curatore fallimentare. In tutti questi casi, l'attribuzione al curatore della legittimazione ad agire ha lo scopo di far sì che degli esiti eventualmente positivi di tali azioni benefici la massa indifferenziata dei creditori del fallito. Pertanto, non ricorre alcuna valida ragione per escludere che il creditore sociale che abbia promosso l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società per azioni, poi dichiarata fallita, mentre il processo avente ad oggetto tale azione ancora pende, possa proseguirla, allorché il curatore del fallimento sociale non eserciti in un qualche modo quel potere sostitutivo, così come i creditori che abbiano agito per ottenere la revoca degli atti con cui il loro debitore abbia disposto del suo patrimonio in loro danno ben possono proseguire nella loro azione o, se in precedenza non l'abbiano ancora fatto, esercitarla ex novo nel termine quinquennale di prescrizione, dopo la dichiarazione del fallimento del loro debitore, qualora il curatore del fallimento non eserciti, in relazione ai medesimi atti, il potere sostitutivo attribuitogli dalla legge fallimentare. (Sentenza del 28 aprile 2023 della Corte d’appello di Napoli)