‘Retta’ della ‘casa di riposo’: possibile l’aumento deciso in autonomia dal privato

Fondamentale però motivare l'adeguamento, indicando gli eventi di natura economica sia sul fronte dei costi che su quello dei ricavi

‘Retta’ della ‘casa di riposo’: possibile l’aumento deciso in autonomia dal privato

Solida la pretesa avanzata dalla cooperativa a fronte del soggiorno di una persona nella casa di riposo anche se la retta è stata aumentata rispetto a quanto deliberato dalla Regione. I giudici ribadiscono che qualora una struttura privata eroghi in favore di anziani prestazioni di natura esclusivamente socio-assistenziale, il corrispettivo può essere liberamente concordato tra le parti, poiché una limitazione al generale potere di autonomia negoziale non può essere individuata nella disciplina del Servizio sanitario nazionale laddove assicura ai cittadini livelli essenziali uniformi di assistenza sanitaria, con spesa interamente a carico della pubblica amministrazione, in quanto essa concerne soltanto l'erogazione di prestazioni sanitarie pure o inscindibili con quelle socio-assistenziali, che si configurano quando la persona assistita, sia o meno autosufficiente, debba essere sottoposta ad un programma terapeutico, in mancanza del quale non assume rilevanza che la struttura sia accreditata dal ‘Servizio sanitario nazionale’, in quanto la prestazione rimane estranea all'ambito dell'assistenza sanitaria obbligatoria, ricadendo nella disciplina generale delle prestazioni sociali. Va però tenuto presente che l’elemento differenziale tra prestazione socio-assistenziale inscindibile dalla prestazione sanitaria e prestazione socio-assistenziale pura, non sta, pertanto, nella situazione di limitata autonomia del soggetto, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale, ma sta, invece, nella individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socio-assistenziale. In questa ottica, poi, la Regione, nel fissare le tariffe delle strutture che svolgono attività di rilievo sanitario e socio-assistenziali connesse, predeterminando la somma complessiva giornaliera per il ricovero dei degenti, non vi ricomprende le prestazioni alberghiere. Segnatamente, l’entità della quota sanitaria da porsi a carico del ‘Servizio sanitario nazionale’ e della quota sociale e alberghiera posta a carico dell’utente della struttura - salva la contribuzione dei privati o dei Comuni in caso di redditi insufficienti - la Regione non ha dettato disposizioni vincolanti quanto a quest’ultima, in tal modo consentendo alla struttura di poter concordare con il degente della quota alberghiera una variazione in aumento. La predeterminazione a monte da parte della Regione della quota complessiva, pari alla quota sanitaria, a carico del Servizio sanitario nazionale, ed alla quota sociale, a carico di Comuni o privati, non preclude al contratto tra casa di cura e degente di rivedere al rialzo la quota alberghiera in ragione della qualità dei servizi offerti dalla struttura. Su quest’ultimo fronte, poi, i giudici precisano che nel contratto preso in esame è prevista la possibilità di variare le condizioni contrattuali per l’adeguamento generale a fronte di eventi di natura economica, sia sul fronte dei costi che su quello dei ricavi", prevedendo un preavviso di un mese per consentire l'esercizio del diritto di recesso, che rappresenta un elemento connaturale nei contratti di durata a tempo indeterminato. Legittima, quindi, la revisione al rialzo della quota alberghiera, in ragione dei servizi offerti, essendo l'oggetto determinato con riferimento alla qualità delle prestazioni alberghiere rese. E peraltro la cooperativa ha ulteriormente specificato le motivazioni concrete dell'adeguamento, indicando gli eventi di natura economica sia sul fronte dei costi che su quello dei ricavi, e ciò legittima l'esercizio dello jus variandi con la sua specificità ed il rinvio a fattori esterni facilmente documentabili. (Ordinanza 7336 del 14 marzo 2023 della Corte di Cassazione)  

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