Pensione di reversibilità: il presupposto è il venir meno del sostegno economico apportato in vita dal coniuge scomparso
La ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali

Il presupposto per l'attribuzione della pensione di reversibilità è il venire meno del sostegno economico che veniva apportato in vita dal coniuge o ex coniuge scomparso e la sua finalità è quella di sovvenire a tale perdita economica, all'esito di una valutazione effettuata dal giudice in concreto che tenga conto della durata temporale del rapporto, delle condizioni economiche dei coniugi, dell'entità del contributo economico del coniuge deceduto e di qualsiasi altro criterio utilizzabile per la quantificazione dell'assegno di mantenimento. Questi i paletti fissati dai giudici, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo alla suddivisione della pensione di reversibilità di un uomo tra la vedova e l’ex moglie. Per maggiore chiarezza, poi, viene ribadito che la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza more uxorio non una semplice valenza correttiva dei risultati derivanti dall'applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto e autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale. Ai fini, poi, della ripartizione del trattamento di reversibilità vanno considerati pure l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, le condizioni economiche dei due soggetti aventi diritto e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, senza mai confondere, però, la durata delle convivenza con quella del matrimonio, cui si riferisce il criterio legale, né individuare nell'entità dell'assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all'ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso. (Ordinanza 9228 del 4 aprile 2023 della Corte di Cassazione)