Ottenuta la risoluzione del contratto, con tanto di caparra: precluso l’esercizio del diritto di recesso
La parte non inadempiente, che limiti fin dall’inizio la propria pretesa risarcitoria alla ritenzione della caparra (o alla corresponsione del doppio della caparra), è tenuta, in caso di controversia, ad abbinare tale pretesa ad una domanda di mero accertamento dell’effetto risolutorio

Se viene conseguita, attraverso la diffida ad adempiere, la risoluzione del contratto cui è acceduta la prestazione di una caparra confirmatoria, allora l’esercizio del diritto di recesso è definitivamente precluso. Di conseguenza, la parte non inadempiente, che limiti fin dall’inizio la propria pretesa risarcitoria alla ritenzione della caparra (o alla corresponsione del doppio della caparra), è tenuta, in caso di controversia, ad abbinare tale pretesa ad una domanda di mero accertamento dell’effetto risolutorio. Nel caso preso in esame dai giudici oggetto di scontro è la proprietà di un immobile. E nello scontro tra promittente compratore e promittente venditrice, viene rilevato, quest’ultima ha chiesto una pronuncia di mero accertamento della risoluzione del contratto preliminare di compravendita, prodottasi in via stragiudiziale attraverso l’inutile decorso del termine fissato nella diffida ad adempiere, e su questa base ha chiesto poi di ritenere la caparra, e per conseguire tale scopo ha reputato di non aver bisogno di esercitare il diritto di recesso, avendo già conseguito l’obiettivo di sciogliersi dal vincolo contrattuale attraverso la diffida ad adempiere congiuntasi all’inutile decorso del termine. (Ordinanza 18392 dell’8 giugno 2022 della Corte di Cassazione)