Nulli il preliminare e il definitivo se l’immobile è privo di acqua potabile
Logico parlare di accordo concluso per errore del compratore, che ha acquistato l’immobile sul presupposto che esso fosse provvisto di acqua corrente potabile

La circostanza che l’acquirente accetti l’immobile nello stato di fatto in cui versa non implica affatto che debba presumersi che egli abbia per noti anche i vizi occulti. Da escludere, quindi, come nella vicenda in esame, non solo i vizi occulti ma addirittura dissimulati. Proprio soffermandosi sui dettagli del caso loro sottoposto, i giudici sottolineano che la mancanza d’acqua potabile corrente costituisce vizio essenziale non solo per l’abitabilità dell’immobile, ma anche per la sua agibilità, che contempla la permanenza umana, e a maggior ragione, poi, per l’utilizzo quale ambulatorio medico. Ampliando l’orizzonte, poi, i giudici ribadiscono che la clausola contrattuale vista e piaciuta, che ha lo scopo di accertare consensualmente la presa visione, ad opera del compratore, della cosa venduta, esonera il venditore dalla garanzia per i vizi di quest’ultima limitatamente a quelli riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in malafede, sicché, anche in considerazione dei principi fondamentali della buonafede e dell’equità del sinallagma contrattuale, essa non può riferirsi ai vizi occulti emersi dopo i normali controlli eseguiti anteriormente all’acquisto. Logico, perciò, la risoluzione, nel caso in esame, del contratto preliminare e del contratto definitivo relativi alla compravendita di un immobile, poiché conclusi per errore del compratore, il quale aveva acquistato l’immobile sul presupposto che esso fosse provvisto di acqua corrente potabile, essendo, per contro, successivamente emerso che esso attingeva l’acqua da un pozzo artesiano e che poi i rubinetti erano stati chiusi per scongiurare che i tubi ghiacciassero. (Ordinanza 24067 del 3 agosto 2022 della Corte di Cassazione)