Niente risarcimento per il correntista imprudente rimasto vittima di ‘phishing’
Per i giudici non può ignorarsi il comportamento decisamente imprudente e negligente del cliente della banca, il quale ha digitato i propri codici personali (verosimilmente richiestigli con un e-mail fraudolenta), in tal modo consentendo a un ignoto truffatore di utilizzarli successivamente per effettuare la disposizione incriminata, ossia un bonifico da 6.000 euro

Niente risarcimento per il correntista rimasto vittima di ‘phishing’. Impossibile pretendere dall’istituto di credito la restituzione della somma di denaro sottratta al correntista con un ordine di bonifico on line. Decisiva la constatazione dell’adeguata sicurezza garantita dalla banca. Inevitabile, quindi, addebitare l’episodio a una condotta imprudente e negligente del cliente. Danno e beffa, quindi, per un correntista di una banca rimasto vittima di ‘phishing’, ossia quella frode consistente nell’inviare e-mail – truffaldinamente presentate come prodotte ufficialmente dall’istituto di credito – che servono a ottenere dal destinatario dati e informazioni necessari per l’accesso al conto corrente on line. Egli deve dire addio al denaro sottrattogli e, al contempo, non può rivalersi nei confronti dell’istituto di credito. Per i giudici non può dubitarsi del comportamento decisamente imprudente e negligente del cliente della banca, il quale ha digitato i propri codici personali (verosimilmente richiestigli con un e-mail fraudolenta), in tal modo consentendo a un ignoto truffatore di utilizzarli successivamente per effettuare la disposizione incriminata, ossia un bonifico da 6.000 euro. Tale condotta colposa dei titolari del conto è stata, secondo i giudici, la causa esclusiva dell’operazione che ha determinato l’addebito incriminato, ed ha assunto i caratteri del caso fortuito, che ha interrotto il nesso eziologico tra l’attività pericolosa e l’evento dannoso, con conseguente esclusione della responsabilità dell’istituto di credito. (Ordinanza 7214 del 13 marzo 2023 della Corte di Cassazione)