Liquidazione in proprio: per la quota di reddito disponibile bisogna fare riferimento anche al coniuge del debitore
Quanto alla durata prevista per la procedura , la indicazione di un termine triennale dalla apertura è legittima e coerente con la previsione della futura esdebitazione

A fronte di istanza di liquidazione in proprio, avanzata dal debitore, la determinazione concreta della quota di reddito disponibile deve essere demandata al giudice delegato, in base a successiva istanza del debitore e previa indagine, se del caso, del liquidatore in ordine alla capacità patrimoniale della moglie del debitore. Quanto alla possibilità di mantenere gli emolumenti derivanti dall’eventuale attività professionale svolta dal debitore, essa va esclusa in quanto quegli emolumenti non rappresentano attività escluse dalla liquidazione. A maggior ragione, poi, quando, come nel caso preso in esame dai giudici, il debitore percepisce già con la sola attività professionale un reddito superiore rispetto a quanto necessario al suo mantenimento. Quanto alla durata prevista per la procedura di liquidazione in proprio, rammentato che il ‘Codice della crisi d’impresa’ non ribadisce la previsione di una pendenza minima quadriennale per la liquidazione del patrimonio, la indicazione di un termine triennale dalla apertura è legittima e coerente con la previsione della futura esdebitazione. (Sentenza del 25 maggio 2023 del Tribunale di Modena)