L’errore sul peso economico del bene oggetto del contratto non porta all’annullamento del contratto
Esso non incide difatti sull’identità o sulla qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo ed al rischio che il contraente si assume, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull’utilità economica dell’affare

L’errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto. Ciò perché esso, precisano i giudici, non incide sull’identità o sulla qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo ed al rischio che il contraente si assume, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull’utilità economica dell’affare. Questi i paletti fissati dai giudici, chiamati a prendere in esame la presunta invalidità di un negozio per vizio del consenso, in particolare per errore sulla qualità dell’oggetto del negozio, ossia sulla natura di un terreno quanto alla destinazione urbanistica, corroborata, secondo l’acquirente, anche da un valore palesemente fuori mercato del cespite che consentiva di dedurre si trattasse di terreno edificabile. I giudici ribattono che l’esistenza dell’errore dell’acquirente è stata basata su un unico elemento che da solo appare privo di decisività. In particolare, in assenza di specifiche indicazioni sulla riconoscibilità in concreto delle ragioni abitative manifestate dall’acquirente – e conosciute dai venditori – la sola circostanza che il terreno pacificamente non è edificabile non costituisce elemento univoco, né decisivo, da cui desumere che l’effettivo interesse perseguito dal compratore riguardava il terreno per la sua capacità edificatoria. (Ordinanza 639 del 12 gennaio 2023 della Corte di Cassazione)