Leasing traslativo e risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore: sì alla clausola che attribuisce al concedente il diritto al pagamento dei canoni scaduti e di quelli futuri
Plausibile anche la clausola che attribuisce al concedente la facoltà di determinare unilateralmente il valore del bene oggetto del contratto, al fine di detrarlo, previa eventuale vendita dello stesso, dal credito vantato verso l’utilizzatore

In tema di leasing traslativo, per il caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, è valida ed efficace sia la clausola che attribuisca al concedente il diritto al pagamento dei canoni scaduti e di quelli futuri, attualizzati al momento della risoluzione, sia quella che gli attribuisca la facoltà di determinare unilateralmente il valore del bene oggetto del contratto, al fine di detrarlo, previa eventuale vendita dello stesso, dal credito vantato verso l’utilizzatore. Questa clausola - cosiddetta ‘patto di deduzione’ - deve, peraltro, essere interpretata ed eseguita secondo correttezza e buonafede, cosicché, precisano i giudici, nell’ipotesi in cui, al momento dell’esazione del credito risarcitorio o restitutorio, il bene non sia stato ancora venduto, il concedente dovrà portarne in detrazione il valore commerciale (palesando il criterio adottato per individuarne il valore equo di mercato in caso di contestazione della stima da parte dell'utilizzatore, che avrà l'onere di provarne l'erroneità), mentre, nella contraria ipotesi in cui il bene sia stato già rivenduto, oggetto della detrazione sarà il ricavato della vendita, salva la riduzione del risarcimento nel caso di vendita a prezzo vile per negligenza del concedente. Di conseguenza, la clausola, che consente al concedente di stabilire il prezzo cui vendere, non è nulla, potendo l'utilizzatore contestare la stima effettuata dal concedente e potendo comunque reagire ad una vendita effettuata a prezzo vile, attraverso la riduzione di quanto spettante al concedente a titolo di risarcimento per l'inadempimento. (Ordinanza 6381 del 3 marzo 2023 della Corte di Cassazione)