L’appaltatore chiede l’adeguamento dei prezzi: necessario fare riferimento a precise clausole di revisione
I giudici forniscono chiarimenti sull’applicazione dei dettami del Codice dei contratti pubblici

A fronte di un’istanza, formulata dall’appaltatore, di adeguamento del corrispettivo dei servizi da svolgere ed in carenza di un’espressa clausola di revisione dei prezzi, si applica la lettera a), e non la lettera c), dell’art. 106 del Codice dei contratti pubblici, il quale, al comma 1, scandisce i casi di modifica dei contratti di appalto, nei settori ordinari e nei settori speciali, senza una nuova procedura di affidamento. In particolare, precisano i giudici, la lettera c) fa testuale ed espresso riferimento a quelle modifiche dell’oggetto del contratto che si correlano alle varianti in corso d’opera, specificamente inerenti l’oggetto del contratto sul versante dei lavori da eseguire, mentre la lettera a), nel contemplare le variazioni dei prezzi e dei costi standard, disciplina gli aspetti economici del contratto, e, segnatamente, lega ad una rigorosa previsione di clausole di revisione dei prezzi le modifiche dell’oggetto del contratto, sul versante del corrispettivo, che l’appaltatore trae dall’esecuzione del contratto. Peraltro, dalla giurisprudenza comunitaria si trae una sostanziale neutralità del diritto europeo rispetto agli eventuali rimedi manutentivi che gli ordinamenti nazionali approntano per fronteggiare le sopravvenienze che incidono sugli aspetti economici del contratto, fermo il disfavore per soluzioni che alterino surrettiziamente il gioco della concorrenza attraverso affidamenti diretti senza gara. (Sentenza 9426 del 31 ottobre 2022 del Consiglio di Stato)