Esclusa l’impossibilità dell’oggetto del contratto a fronte di una mera difficoltà della prestazione

Va riconosciuta la causa di nullità del negozio solo se vi è una impossibilità, materiale e giuridica, della prestazione

Esclusa l’impossibilità dell’oggetto del contratto a fronte di una mera difficoltà della prestazione

L’impossibilità dell’oggetto del contratto, prevista dal Codice Civile come causa di nullità del negozio, non può farsi discendere da una semplice difficoltà della prestazione, ma deriva solo dalla sua impossibilità materiale e giuridica, di carattere obiettivo e non meramente soggettivo. E la nullità del contratto o della singola clausola contrattuale, per l’impossibilità della cosa o del comportamento che ne forma oggetto, richiede che tale impossibilità, oltre che oggettiva e presente fin dal momento della stipulazione, sia anche assoluta e definitiva, rimanendo ininfluenti a tal fine le difficoltà, più o meno gravi, di carattere materiale o giuridico, che ostacolino in maniera non irrimediabile il risultato a cui la prestazione è diretta. Questi i principi ribaditi dai giudici chiamati a prendere in esame l’azione giudiziaria con cui una società ha contestato la decisione del Comune di risolvere il contratto d’appalto avente ad oggetto il noleggio e l’installazione di sistemi e strumenti di rilevazione d’infrazione al Codice della strada. I giudici chiariscono che, nel caso concreto, l’impossibilità non può derivare dall’asserita violazione di quanto previsto dal ‘Codice della strada’ in materia di proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie, anzitutto perché essa non può integrare l’assoluta impossibilità materiale e giuridica dell’oggetto contrattuale, né può argomentarsi che le modalità di calcolo del corrispettivo del servizio siano in contrasto con le norme dettate dal Codice della strada, poiché il fatto che i costi del noleggio delle attrezzature siano indipendenti dal numero delle infrazioni e siano considerate spese d’accertamento non integra una causa d’impossibilità giuridica o materiale del contratto, afferendo alla convenienza od opportunità del contenuto negoziale. I giudici precisano poi che non si ravvisa alcuna norma che obblighi la pubblica amministrazione ad ancorare il corrispettivo dell’appalto pubblico al costo gravante sull’appaltatore per fornire il bene o il servizio richiestogli, anche perché i costi che le imprese partecipanti alla gara sostengono restano nell’ambito dell’economia interna di ogni singola impresa. Inoltre, non è ravvisabile alcun danno patrimoniale per l’ente pubblico appaltante, atteso che la subordinazione del corrispettivo, non solo all’accertamento della violazione, ma anche all’effettiva riscossione della sanzione pecuniaria, impedisce alla pubblica amministrazione di sostenere oneri imprevisti all’atto dell’aggiudicazione della gara, e quindi tale corrispettivo dell’appalto pubblico, proprio perché limitato ad un’aliquota dell’effettivo incasso, non potrebbe dunque mai essere fonte di spese o oneri eccessivi o imprevedibili per l’appaltante. Infine, non è corretto ritenere che l’impossibilità contrattuale scaturisca dal fatto che la remunerazione dell’appalto avvenga attraverso quote che, invece, sarebbero destinate alla fornitura di mezzi tecnici necessari per i servizi di polizia stradale. Infatti, che il contratto indicasse un parametro per la determinazione del corrispettivo, cioè una somma fissa per ogni violazione accertata, non significa che le entrate fossero in concreto decurtate di tale corrispettivo, venendo in rilievo solo una modalità contabile di accertamento del corrispettivo. (Sentenza 37804 del 27 dicembre 2022 della Corte di Cassazione)

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