Danno causato da fatto illecito: il ritardato risarcimento impone al debitore anche di pagare al creditore anche il lucro cessante

I giudici sottolineano che il debitore dell’obbligo di risarcire il danno causato da un fatto illecito è in mora ex re dal giorno del fatto illecito

Danno causato da fatto illecito: il ritardato risarcimento impone al debitore anche di pagare al creditore anche il lucro cessante

Il debitore dell’obbligo di risarcire il danno causato da un fatto illecito è in mora ex re dal giorno del fatto illecito. Di conseguenza, il ritardato adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno impone al debitore di pagare al creditore, oltre all’equivalente monetario del bene perduto espresso in moneta dell’epoca della liquidazione attraverso la rivalutazione del credito, il lucro cessante finanziario, ovvero i frutti che il denaro dovutogli a titolo di risarcimento sin dal giorno del sinistro avrebbe prodotto, in caso di tempestivo pagamento, e questo danno si può liquidare applicando un saggio di interessi equitativamente scelto dal giudice sul credito risarcitorio rivalutato anno per anno. Queste regole trovano applicazione, precisano i giudici, anche quando il debitore (o uno dei condebitori solidali), prima della liquidazione definitiva, abbia versato degli acconti. A questo proposito, i criteri di defalco degli acconti dal credito risarcitorio vanno individuati alla luce del principio secondo cui la liquidazione del danno da mora nelle obbligazioni di valore deve simulare il vantaggio che il creditore avrebbe potuto ricavare dall'investimento della somma a lui dovuta, se gli fosse stata tempestivamente pagata. Quindi, nel caso di pagamenti in acconto, il creditore: nel periodo compreso tra il danno e il pagamento dell'acconto, a causa della mora ha perduto la possibilità di investire e far fruttare l’intero capitale dovutogli, e dunque il danno da mora deve, per questo periodo, corrispondere al lucro che gli avrebbe garantito l'investimento dell'intero capitale; dopo il pagamento dell’acconto, e per effetto di quest’ultimo, il creditore non può più dolersi di avere perduto i frutti finanziari teoricamente derivanti dall'investimento dell'intero capitale dovutogli, e, infatti, il lucro cessante del creditore si riduce alla perduta possibilità di investire e far fruttare il capitale che residua, dopo il pagamento dell'acconto. Da tutto ciò consegue che, nel caso di pagamento di acconti, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio attraverso le seguenti operazioni: rendere omogenei il credito risarcitorio e l'acconto (devalutandoli entrambi alla data dell'illecito, ovvero rivalutandoli entrambi alla data della liquidazione); detrarre l’acconto dal credito; calcolare gli interessi compensativi applicando un saggio scelto in via equitativa o sull’intero capitale rivalutato anno per anno, per il periodo che va dalla data dell’illecito al pagamento dell'acconto, o sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto (anche in questo caso rivalutata anno per anno), per il periodo che va dal suo pagamento fino alla liquidazione definitiva. (Ordinanza 6607 del 6 marzo 2023 della Corte di Cassazione)  

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