Contratto valido ed efficace ma sconveniente: il risarcimento deve essere ragguagliato al minore vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti
I giudici precisano che la parte che si ritiene lesa, una volta provata l'esistenza di un raggiro su un elemento non trascurabile del contratto, non è tenuta a provare altro

In materia di responsabilità precontrattuale, qualora il danno derivi dalla conclusione di un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minore vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, restando irrilevante che la violazione del dovere di buonafede sia intervenuta cronologicamente a valle e non a monte della conclusione del contratto, salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto. In altri termini, la parte che si ritiene lesa, una volta provata l'esistenza di un raggiro su un elemento non trascurabile del contratto, non è tenuta a provare altro, in quanto opera la presunzione che, senza la condotta illecita, le condizioni contrattuali sarebbero state diverse e quindi per lui più favorevoli. Questi i principi posti in evidenza dai giudici chiamati a prendere in esame l’istanza risarcitoria avanzata dagli acquirenti di un immobile gravato però da una formalità pregiudizievole ostativa alla concessione di un mutuo bancario e dolosamente taciuta loro dai venditori. Entrando nel cuore della vicenda, i giudici chiariscono che la reticenza dei venditori rispetto alla formalità pregiudizievole gravante sull’immobile può da sola fondare la domanda risarcitoria, non dovendo gli acquirenti insoddisfatti fornire alcun elemento probatorio utile a stabilire il reale valore di mercato dell’immobile ed a commisurare il minor vantaggio o il maggior aggravio economico prodotto dal comportamento tenuto dai venditori in violazione dell’obbligo di buonafede. (Ordinanza 3503 del 6 febbraio 2023 della Corte di Cassazione)