Conto corrente bancario: non basta lo specimen di firma per ritenere sottoscritto il contratto
Lo specimen ha solo lo scopo di rendere verificabile la conformità della sottoscrizione apposta sugli assegni

Va messa in dubbio la validità del contratto di conto corrente bancario se il dettaglio indispensabile della sottoscrizione da parte del cliente poggia solo sul cosiddetto specimen di firma, ossia sull’autografo della firma stesa dal cliente su un apposito cartoncino per consentire alla banca di controllare l’autenticità delle firme apposte negli assegni che saranno presentati in seguito. I giudici riconoscono che il requisito della forma scritta non postula, ai fini della validità del rapporto, la contestualità delle sottoscrizioni delle parti che danno vita al negozio. Essi aggiungono che, però, nella vicenda in esame, la sottoscrizione apposta dal cliente non può avere rilievo dirimente. Ciò perché lo specimen ha solo lo scopo di rendere verificabile la conformità della sottoscrizione apposta sugli assegni tratti dal correntista sul proprio conto corrente con la sottoscrizione presente agli atti della banca, sicché esso non può assolvere ad una funzione identificativa del rapporto, non avendo in questo senso alcuna valenza neppure come atto negoziale ricognitivo del rapporto. Tanto più, poi, considerando che la prescrizione della forma scritta ad substantiam prevista dalla legge per i contratti bancari è prescritta in funzione dell’asimmetria conoscitiva corrente tra la banca ed il proprio cliente ed è strumentale a rendere edotto il cliente delle condizioni regolanti il rapporto, finalità che non possono essere assolte dallo specimen. (Ordinanza 12951 del 22 aprile 2022 della Corte di Cassazione)